venerdì 31 agosto 2007

Informatica insegnata ai bambini

Informatica per i bambini (Elaborato: Ignazio Costa)
Insegnare l’informatica ai bambini presuppone una formazione appropriata degli educatori e degli insegnanti, al contrario della prassi comune che vede docenti che “per caso” si trovano ad insegnare informatica. Il compito (che è anche una grande responsabilità) dell’insegnante è quello di “capitalizzare” il talento naturale di ogni studente, e per far ciò è necessario da un lato, che il curriculum venga ripensato, dall’altro che venga stimolata la curiosità e la creatività degli studenti, attraverso un “apprendimento divertente”: si può imparare giocando.
Il computer è uno strumento che offre infinite opportunità, a patto che si sia in grado di coglierle: usualmente invece viene utilizzato come macchina da scrivere o per navigare in internet o ancora per giocare o guardare la TV, in pratica un sostituto di altri apparecchi domestici, che non possiedono quel valore aggiunto che invece il computer dovrebbe avere.
La questione riguarda proprio la pratica di insegnamento dell’informatica, basata sull’uso di un linguaggio e su modalità non appropriate all’età: bisognerebbe invece usare la creatività sia nell’uso del mezzo, sia nelle modalità per insegnare l’informatica. L’uso e l’insegnamento del computer secondo modalità inidonee per i bambini li inibisce nell’uso della creatività e nella ricerca autonoma di soluzioni proprie: non vengono usate tutte quelle proprietà che caratterizzano la fantasia e cioè l’immedesimazione, l’analogia, il gioco.
Organizzare e strutturare un metodo di insegnamento dell’informatica presuppone la costruzione di solide basi di ragionamento per l’informatica (CS Fluency), piuttosto che limitarsi alla conoscenza degli strumenti informatici (CS Literacy), che per quanto possa essere approfondita sarà sempre molto limitata: non serve a molto conoscere approfonditamente un programma se poi al primo problema si resta bloccati in attesa dell’esperto.
Proprio per questo è necessario fornire ai bambini i concetti fondamentali dell’informatica: la tecnologia informatica ed il pensiero informatico.

Esempi di curriculum informatico per i bambini (Elaborato Maria Spoto)
Computer Science Unplugged
(informatica senza computer): questo metodo parte dal presupposto che molti argomenti informatici possano essere insegnati senza l’uso del computer. E’ un metodo indicato proprio per coloro che non hanno alcuna conoscenza informatica e si sentono frustrati dalla tecnologia. Il limite di tale metodo è che non si occupa di spiegare l’organizzazione delle parti del computer nelle loro attività, pur trattando invece temi complessi quali l’intelligenza artificiale, la crittografia, la numerazione binaria.
The Computer in Action è una attività in role playing nella quale gli studenti, rivestendo i ruoli delle componenti tecnologiche del computer (CPU, Bus…) processano istruzioni e dati alla stessa maniera di un computer reale.

Un esempio di curriculum informatico
Nel Regno di Si Piuh
Una storia per educare i bambini all’informatica
Autori: Giovanni Michele Bianco; Simonetta Tinazzi
Editore: Terraferma
http://www.ilregnodisipiuh.org/

Scheda del libro
Il libro racconta il viaggio di Lorenzo (una sorta di diario di viaggio) nel regno di Si Piuh; viaggio che dura otto giorni durante i quali la Madre di Si Piuh lo guida attraverso il regno per fargli conoscere tutti gli abitanti.
Il testo tiene in considerazione i differenti elementi indispensabili nell’approccio al mondo dei bambini: la funzione tranquillizzante della narrazione (il racconto rilassa); l’immaginazione dei bambini (la fantasia aiuta lo sviluppo di processi mentali); la collaborazione tra pari e la conoscenza esperienziale (innesca un sentimento di libertà mentre crea esperienza formativa): attraverso il gioco si crea esperienza. Tenendo conto di tali elementi, viene presentata l’organizzazione di un personal computer alla stregua di un mondo fantastico, un regno, dove operano i personaggi che Lorenzo andrà a conoscere.

Primo giorno: il Sovrano e i suoi fedeli aiutanti.
Si affrontano i concetti di CPU (Si Piuh), scheda madre (la madre del sovrano), scheda grafica e scheda sonora ( Vi Giei e Di Essepi), schede di rete (Net e Mo Dem).

Secondo giorno:Kesh, Ram, Hard, Floppi con i cugini Di Vidi e Ci Di: gli archivisti.
Si introducono i concetti di gerarchia di memoria; si affrontano i concetti di: cache (Kesh), ram (Ram), floppy disk (Floppi), cd (Ci Di) e dvd (Divi Di).

Terzo giorno: la famiglia In Put agenti segreti di Sua Maestà.
Si introducono i componenti di acquisizione di informazioni dall’esterno (in input): tastiera (Ki Bord), scanner (Scanner), telecamera (Camera), mouse (Maus), joistick (Gioistik).

Quarto giorno: l’universo incantato del clan degli Out Put: messaggeri per il mondo esterno.
Si introducono le periferiche che generano informazione: monitor tradizionale CRT e monitor LCD (monitor CRT e LCD), stampante a getto di inchiostro (Inkget), stampante laser (Laser).

Quinto giorno: gli strabilianti mezzi di trasporto del Regno.
Si introducono i componenti che permettono di comunicare internamente al PC: Bus ISA ed EISA, Bus PCI, Bus grafico AGP, interfaccia AT.

Sesto giorno: i collegamenti con le colonie esterne: i Bus blindati.
Si introducono i componenti che consentono la connessione con le periferiche esterne al computer: Bus SCSI, USB, FireWire, collegamenti seriali e paralleli.

Settimo giorno: Net e Mo Dem: regali ambasciatori.
Si introduce la comunicazione con altri computer: rete, modem, Ethernet, Token Ring, protocolli di connessione (V.xx, F.56…), ADSL.

Ottavo giorno: il codice segreto svelato.
Si introducono i concetti di ASCII e UNICODE, BIOS, sistema operativo.

4 commenti:

M. ha detto...

L’insegnamento dell’informatica ai bambini, dovrebbe presupporre di base, nei docenti, la padronanza dei concetti fondamentali ma soprattutto il possesso della capacità di ragionamento informatico e la conoscenza della tecnologia informatica: un docente che non è padrone della sua disciplina non riuscirà a trasferire ad altri ciò che non possiede egli stesso. Ma, elemento altrettanto fondamentale, un docente che insegna ai bambini deve tener conto della particolarità dell’utente a cui si rivolge: i bambini. L’uso di un linguaggio non appropriato può creare diffidenza nei confronti della materia; l’uso del gioco, dell’immaginazione, dell’immedesimazione, dell’analogia nella strutturazione dell’insegnamento dell’informatica può invece essere un buon modo per avvicinare i bambini all’informatica divertendoli. Nel testo “Nel regno di Si Piuh” si utilizza una fiaba per mediare tra i concetti dell’informatica ed i bambini: ad esempio, per spiegare la funzione della scheda grafica (Vi Giei), questa viene associata ad una pittrice molto brava, efficiente ed ordinata che risponde a tutti i comandi del suo sovrano (Si Piuh, e cioè la CPU, il processore) con efficienza e prontezza: colora, traccia linee precise, utilizza tanti caratteri e, se Si Piuh lo ordina, cancella tutto; con una semplice associazione di idee si è così reso chiaro ed esplicito il rapporto tra la Cpu e la scheda grafica.
Così come, per spiegare la funzione della CPU, questa viene associata al sovrano, al capo che lavora, non si ferma mai e pensa ad una velocità strabiliante; è circondato da tanti consiglieri che gli dicono cosa bisogna fare ad ogni momento, ma è lui che, alla fine, valuta cosa comandare ai sudditi. Nella storia si sono ricreate tutte le relazioni che esistono nel PC: cosi come il PC funziona grazie alle relazioni tra le sue componenti hardware, allo stesso modo il regno va avanti grazie agli indispensabili talenti di ognuno coordinati dal sovrano.

Maria Spoto matr.10040

mattia ha detto...

Ragazzi vorrei ritornar sul discorso di Feuerstein e sul ruolo di mediatore dell’insegnante di sostegno
F. sostiene che la mediazione è la capacità di rendere accessibile attraverso una facilitazione un compito che altrimenti non potrebbe essere affrontato: questa facilitazione avviene attraverso la presenza di un mediatore.
Il mediatore si interpone tra il soggetto e la realtà interpretandola e dando modo agli allievi di apprendere.
L’insegnante mediatore offre agli allievi la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni provenienti dall’ambiente. Il mediatore non elimina le difficoltà ma propone difficoltà graduate, esplicita gli obiettivi, cerca di indurre autonomia negli apprendimenti stimolando il superamento degli ostacoli.
Credo che ciò voglia significare che è proprio all’interno di una azione di mediazione che si può costruire, creare un contesto nel quale le persone e le loro idee si evolvono continuamente, si modificano, si incontrano, interagiscono. Il ruolo di mediatore del docente si interpone tra lo stimolo e la risposta. Si crea una relazione attraverso la quale il docente si pone in un ascolto continuo delle esigenze dell’allievo e stimola in lui l’attivazione di schemi elaborativi attraverso la quale poi orienta l’attività cognitiva dell’allievo determinando un cambiamento che porti ad un apprendimento costruttivo e non nozionistico.
La funzione dell’insegnante di sostegno quale mediatore è dunque quella di garantire che tutte le informazioni che giungono al soggetto disabile diventino materiale di conoscenza e comprensione grazie all’attivazione in lui di schemi elaborativi di natura organizzativa ed interpretativa.
Perciò l’insegnante di sostegno è chiamato a “tras-formare” il saper da insegnare affinché sia possibile apprenderlo. Strutture, concetti, contenuti vengono tradotti e rielaborati secondo il livello di sviluppo del discendente.
Un buon mediatore crea un ambiente favorevole alla relazione “nell’ambito scolastico tra i mediatori più significativi ed incisivi sull’allievo sono proprio il clima e il tono educativi, creati dalla qualità dei rapporti interpersonali” (prof. Larocca).
Mattia Testa R09957

mattia ha detto...

Ragazzi vorrei ritornar sul discorso di Feuerstein e sul ruolo di mediatore dell’insegnante di sostegno
F. sostiene che la mediazione è la capacità di rendere accessibile attraverso una facilitazione un compito che altrimenti non potrebbe essere affrontato: questa facilitazione avviene attraverso la presenza di un mediatore.
Il mediatore si interpone tra il soggetto e la realtà interpretandola e dando modo agli allievi di apprendere.
L’insegnante mediatore offre agli allievi la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni provenienti dall’ambiente. Il mediatore non elimina le difficoltà ma propone difficoltà graduate, esplicita gli obiettivi, cerca di indurre autonomia negli apprendimenti stimolando il superamento degli ostacoli.
Credo che ciò voglia significare che è proprio all’interno di una azione di mediazione che si può costruire, creare un contesto nel quale le persone e le loro idee si evolvono continuamente, si modificano, si incontrano, interagiscono. Il ruolo di mediatore del docente si interpone tra lo stimolo e la risposta. Si crea una relazione attraverso la quale il docente si pone in un ascolto continuo delle esigenze dell’allievo e stimola in lui l’attivazione di schemi elaborativi attraverso la quale poi orienta l’attività cognitiva dell’allievo determinando un cambiamento che porti ad un apprendimento costruttivo e non nozionistico.
La funzione dell’insegnante di sostegno quale mediatore è dunque quella di garantire che tutte le informazioni che giungono al soggetto disabile diventino materiale di conoscenza e comprensione grazie all’attivazione in lui di schemi elaborativi di natura organizzativa ed interpretativa.
Perciò l’insegnante di sostegno è chiamato a “tras-formare” il saper da insegnare affinché sia possibile apprenderlo. Strutture, concetti, contenuti vengono tradotti e rielaborati secondo il livello di sviluppo del discendente.
Un buon mediatore crea un ambiente favorevole alla relazione “nell’ambito scolastico tra i mediatori più significativi ed incisivi sull’allievo sono proprio il clima e il tono educativi, creati dalla qualità dei rapporti interpersonali” (prof. Larocca).
Mattia Testa R09957

mattia ha detto...

Ragazzi vorrei ritornar sul discorso di Feuerstein e sul ruolo di mediatore dell’insegnante di sostegno
F. sostiene che la mediazione è la capacità di rendere accessibile attraverso una facilitazione un compito che altrimenti non potrebbe essere affrontato: questa facilitazione avviene attraverso la presenza di un mediatore.
Il mediatore si interpone tra il soggetto e la realtà interpretandola e dando modo agli allievi di apprendere.
L’insegnante mediatore offre agli allievi la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni provenienti dall’ambiente. Il mediatore non elimina le difficoltà ma propone difficoltà graduate, esplicita gli obiettivi, cerca di indurre autonomia negli apprendimenti stimolando il superamento degli ostacoli.
Credo che ciò voglia significare che è proprio all’interno di una azione di mediazione che si può costruire, creare un contesto nel quale le persone e le loro idee si evolvono continuamente, si modificano, si incontrano, interagiscono. Il ruolo di mediatore del docente si interpone tra lo stimolo e la risposta. Si crea una relazione attraverso la quale il docente si pone in un ascolto continuo delle esigenze dell’allievo e stimola in lui l’attivazione di schemi elaborativi attraverso la quale poi orienta l’attività cognitiva dell’allievo determinando un cambiamento che porti ad un apprendimento costruttivo e non nozionistico.
La funzione dell’insegnante di sostegno quale mediatore è dunque quella di garantire che tutte le informazioni che giungono al soggetto disabile diventino materiale di conoscenza e comprensione grazie all’attivazione in lui di schemi elaborativi di natura organizzativa ed interpretativa.
Perciò l’insegnante di sostegno è chiamato a “tras-formare” il saper da insegnare affinché sia possibile apprenderlo. Strutture, concetti, contenuti vengono tradotti e rielaborati secondo il livello di sviluppo del discendente.
Un buon mediatore crea un ambiente favorevole alla relazione “nell’ambito scolastico tra i mediatori più significativi ed incisivi sull’allievo sono proprio il clima e il tono educativi, creati dalla qualità dei rapporti interpersonali” (prof. Larocca).
Mattia Testa R09957