sabato 1 settembre 2007

Metodo TADOMA

Il metodo TADOMA (Elaborato: Francesco Casaccio)
Tommy può parlare con il suo amico sordocieco perché Gianluca gli si è posto di fronte, ha appoggiato il proprio pollice sulle sue labbra e il resto della mano sulla guancia.Il metodo utilizzato da Tommy con Gianluca si chiama Tadoma ed è stato inventato da un'educatrice americana, Sophie Alcorn. I primi due soggetti a cui fu insegnato a comprendere il linguaggio verbale con l'aiuto del tatto si chiamavano Tad Chapman e Oma Simpson. Dall'unione dei nomi di questi due sordociechi nacque il termine con cui il metodo è oggi conosciuto: Tadoma. Il "chi" ed il "come" del TadomaChi può trarre beneficio dall'insegnamento del Tadoma? Soprattutto: chi può imparare ad usarlo? La risposta non è semplice. All'inizio, il sistema è stato messo a punto per bambini sordociechi, e quest'area della pluriminorazione appare ancora oggi quella in cui l'applicazione del metodo può offrire i maggiori vantaggi. In particolare, sono persone adatte per il Tadoma i bambini che possiedono, contemporaneamente, un residuo uditivo troppo limitato per poter sfruttare le protesi acustiche, ed un residuo visivo insufficiente per imparare a leggere il movimento delle labbra, il linguaggio gestuale o forme gestuali - alfabetiche come ad esempio la dattilologia (si veda più avanti). La comprensione del Tadoma, però, richiede anche una buona capacità di discriminazione tattile. La distinzione dei suoni e delle parole, infatti, si basa interamente sul riconoscimento di sottili differenze tattili, rilevate dalla mano che "ascolta". Una tale abilità discriminativa è solitamente presente solo in bambini che non sono colpiti da profondo ritardo mentale. Occorre quindi essere consapevoli del fatto che tale metodo può risultare di difficile apprendimento per bambini che presentano limiti intellettivi molto gravi.Nelle prime fasi dell'apprendimento del Tadoma, il bambino pone entrambe le mani sul viso di chi parla. Con l'acquisizione di una certa pratica, è di solito sufficiente usare una sola mano per "ascoltare" quanto dice l'interlocutore. Il pollice viene appoggiato leggermente alle labbra di chi parla o, al massimo, rimane a pochi millimetri di distanza. In questo modo, si trova in una posizione ideale per rilevare la posizione delle labbra, aspetto fondamentale soprattutto (ma non solamente) in vista del riconoscimento dei suoni vocalici. Il mignolo si appoggia alla mascella, per cogliere le vibrazioni trasmesse attraverso l'osso; le altre dita, infine, rimangono appoggiate sulle guance, rilevando varie importanti sensazioni tattili.Se si prova a posizionare su se stessi le mani in questo modo (per farlo occorre incrociare le braccia, portando la mano destra sulla metà sinistra del viso, e viceversa), si noterà che il palmo della mano si trova proprio di fronte alla bocca di chi parla, ed è quindi in grado di captare, con l'allenamento, quanta aria viene emessa, per quanto tempo (si confronti a titolo di esempio l'emissione prolungata della S con quella breve ed "esplosiva" della P), la temperatura dell'aria (che di solito è lievemente più calda quando vengono emessi suoni nasali come M o N), e così via. La somma delle informazioni così raccolte permette di riconoscere con un buon margine di sicurezza tutti i principali suoni utilizzati correntemente.Qualche conoscenza di base sulla fonetica della lingua italiana può facilitare il compito dell'insegnante o dell'educatore che voglia utilizzare questo metodo. Senza entrare nei dettagli, può essere sufficiente ricordare che una delle distinzioni più classiche tra i vari tipi di suoni divide quelli vocalici dai consonantici. Nei primi (vocalici), l'aria viene emessa dai polmoni, passa attraverso le corde vocali ed esce, senza incontrare ostruzioni, dalla bocca. E' principalmente la posizione della bocca, e delle labbra in particolare, che distingue i vari suoni vocalici tra loro.Una semplice prova pratica può chiarire questo punto. Pronunciando ad alta voce una parola ricca di vocali come "AIUOLE", oppure "AIUTANDOLE" e prolungando il suono delle vocali, ci si rende conto che la posizione della bocca, e delle labbra in particolare, cambia ed è caratteristica per ogni suono. Sono proprio queste diverse posizioni che il bambino impara a distinguere al tatto.Per quanto riguarda l'insegnamento dei suoni consonantici, le considerazioni sono parallele, benché il problema sia più complesso. In questo caso occorre tenere presente che l'emissione dell'aria viene interrotta o modulata attraverso i vari organi coinvolti nella fonazione, soprattutto la lingua, i denti e le labbra. Nei cosiddetti suoni "nasali", come suggerisce il termine stesso, l'aria viene emessa attraverso il naso. Anche a questo proposito si può eseguire una semplice prova: basta pronunciare MANO oppure NOME tenendo il naso chiuso con due dita, impedendo così all'aria di uscire normalmente. Si noterà come, in tali condizioni, questi suoni cambiano completamente. Un allenamento sufficientemente prolungato ed accurato permetterà al bambino di riconoscere anche le caratteristiche tattili distintive dei suoni consonantici.Il riconoscimento dei singoli suoni, tuttavia, è solo uno degli elementi che aiuta la comprensione del significato nel metodo Tadoma. Per chi ascolta, l'elemento che porta maggiore significato è, solitamente, la parola. Singoli suoni come P, T oppure U non significano praticamente niente: sono soltanto elementi fonetici isolati. Al contrario, parole come MAMMA, PAPPA o PASSEGGIO si riferiscono a situazioni o ad eventi con cui il bambino ha dimestichezza e che possiedono anche un valore emotivo riconoscibile. Questo aspetto dell'apprendimento è noto alla maggior parte degli insegnanti; infatti, nell'insegnamento della lettura, che, in fondo, ha molto in comune con l'insegnamento del Tadoma, si passa quasi sempre al più presto alla lettura di parole significative. In molti metodi di ispirazione "globale" si parte addirittura dal riconoscimento della parola intera, o meglio della sua forma complessiva.Tra gli elementi che facilitano l'identificazione complessiva di una parola vi è il numero ed il tipo di sillabe che la compongono. Basta pensare a parole come TU, CANE, BISCOTTO, GIOCATTOLO o ELICOTTERO. Il riconoscimento di ogni termine può venire facilitato dalla lunghezza della parola (in questo caso rispettivamente una, due, tre, quattro e cinque sillabe), oltre che dalle caratteristiche specifiche dei suoni che la formano.Tra gli altri elementi che possono rendere più chiaro il significato di una parola e quindi: il suo riconoscimento, vi è il contesto. Una parola isolata risulta spesso più difficile da comprendere (specialmente in condizioni - limite come quelle imposte dal Tadoma) rispetto alla stessa parola inserita in una frase di senso compiuto. Gli altri elementi verbali e non verbali contenuti nel messaggio possono spesso "riempire" il buco creato dalla mancata comprensione di un termine.Molti di noi possono avere sperimentato qualcosa di analogo ascoltando qualcuno che parla una lingua straniera di cui l'ascoltatore ha scarsa padronanza: una parola incontrata isolatamente può non suggerire assolutamente niente. Se però la stessa parola è inserita in una frase, o si trova ripetuta in più esempi, diventa relativamente più facile ricostruirne il significato.

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