sabato 1 settembre 2007

Pragmatica della Comunicazione

Pragmatica della Comunicazione (Elaborato: Rosalba Castelli)
Presupposti teoriciLo studio della comunicazione umana può essere suddiviso in tre sottosettori:1. sintassi.2. semantica3. pragmaticaMentre il primo comprende tutte le problematiche legate alla codifica e decodifica dell’informazione, ai canali, alla ridondanza ed al rumore (problemi sintattici); mentre il secondo si occupa del significato della comunicazione per i comunicanti (problemi semantici), il terzo sottosettore, quello pragmatico, si occupa degli effetti della comunicazione sui parlanti, ovvero dell’influenza che questa esercita sul loro comportamento.Watzlawick e la scuola di Palo Alto si occupano di questo terzo aspetto della comunicazione: la pragmatica.Dire che la pragmatica studia gli effetti della comunicazione sul comportamento, rappresenta in un certo senso un’affermazione tautologica, poiché gli autori di Palo Alto considerano comunicazione e comportamento esattamente come sinonimi.Per la scuola di Palo Alto, la mente deve essere considerata alla stregua di una scatola nera: essa non può essere esplorata, e forse, anche potendo, non sarebbe necessario. Ecco che possiamo interpretare il comportamento umano esclusivamente grazie all’osservazione dei suoi effetti pragmatici, lasciando da parte ogni ipotesi intrapsichica (decisamente un presupposto comportamentista). Ovviamente nella comunicazione si apre la relazione, ovvero la relazione con l’altro è già implicita nella stessa esistenza umana. Ogni persona è “una”, “nessuna” e “centomila”, come insegna Pirandello. L’identità personale, quello che noi pensiamo di noi stessi e quello che pensiamo che gli altri pensino di noi, si mette assieme, pezzo dopo pezzo, in tutti gli scambi di parole e azioni che abbiamo con gli altri esseri umani. Mead, filosofo e psicologo d’inizio secolo, mise in parola chiave il processo di formazione del Sé e lo fece con argomenti che riconducono all’esperienza del gioco. Anche Watzlawick fa ricorso a questa analogia, per dipingere la relazione comunicativa proprio come un gioco, dove la posta è la definizione del sé.Importante sottolineare, che la relazione è un sistema dove i comportamenti sono circolari: non è possibile stabilire quale è la causa e quale l’effetto, cosa viene prima e cosa viene dopo. Ogni comportamento è, insieme, azione e risposta ad un altro comportamento. La circolarità mette fuori campo il dualismo causa-effetto che ha dato forma per secoli a tutti i discorsi della scienza. Il sistema delle persone-che-comunicano-con-altre-persone è sempre un universo a sé stante, governato da regole e processi propri. Quando le regole che tengono in vita il sistema fan “corto circuito”, la comunicazione si ammala e può essere guarita solo da chi, con un intervento esterno, può modificare le regole del gioco.Gli assiomi della comunicazione
La scuola di Palo Alto ha messo a punto i seguenti assiomi che costituiscono le linee guida della sua indagine e permettono di inquadrare il fenomeno comunicativo in maniera nuova e stimolante.1. In presenza non si può non comunicare.Il comportamento non ha un suo opposto: non possiamo non comportarci. In ogni caso, abbiamo sempre un comportamento. Se concordiamo nel definire come messaggio l’intero comportamento di una situazione di interazione, allora ne consegue che è impossibile non comunicare. Non possiamo sottrarci alla comunicazione.Una unità di comunicazione (comportamento compreso) è chiamata messaggio, una serie di messaggi scambiati fra persone è un’interazione. Le interazioni possono essere sussunte in modelli di interazione.2. In ogni comunicazione v’è un aspetto di contenuto e uno di relazione.Ogni comunicazione implica un impegno e perciò definisce la relazione. E’ un altro modo per dire che una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento. Dentro un messaggio esiste quindi sia una componente di informazione (l’aspetto di notizia), sia una componente di comando.L’aspetto di notizia di un messaggio trasmette informazione ed è quindi sinonimo nella comunicazione umana del contenuto del messaggio. L’aspetto di comando si riferisce invece alla relazione tra i comunicanti. Esso non viene quasi mai negoziato apertamente. Sembra anzi che, quanto più una relazione è spontanea e sana, tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo. Il problema consiste allora nel definire la relazione che intercorre tra l’aspetto di comando e quello di notizia del messaggio. Watzlawick utilizza l’analogia del calcolatore: per operare, la macchina ha bisogno non solo di dati (informazione), ma anche di dati sui dati, ovvero di codice che dica alla macchina come trattare i dati (metainformazione). Portando l’analogia nel mondo della comunicazione umana, possiamo identificare l’aspetto di notizia del messaggio come comunicazione, e l’aspetto di comando come metacomunicazione.Quindi, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è pertanto metacomunicazione.3. Ogni comunicazione può essere punteggiata diversamente dai soggetti.L’osservatore esterno considera una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi. Tuttavia chi partecipa all’interazione, ed è quindi calato nella comunicazione, legge lo scambio e reagisce ad esso secondo quella che Bateson e Jackson hanno definito punteggiatura della sequenza di eventi (emblematico l’esempio dello sperimentatore e della cavia di laboratorio). In tale contesto non è influente discutere se la punteggiatura della sequenza di comunicazione è buona o cattiva (è evidente che essa organizza gli eventi comportamentali ed è quindi essenziale per l’interazione). Ciò che invece interessa è rilevare come spesso i conflitti relazionali siano semplicemente basati su una punteggiatura conflittuale della suddetta sequenza di scambi. Ogni parlante interpreta lo scambio in modo tale da vedere il proprio comportamento come causato dal comportamento dell’altro, e mai come causa della relazione dell’altro, e viceversa: in breve, ogni parlante accusa l’altro di essere la causa del proprio comportamento. E’ evidente che il problema della punteggiatura è risolvibile solo a livello di metacomunicazione, cioè ad un livello in cui si parla della relazione, e non dei contenuti degli scambi comunicativi.La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.4. In ogni comunicazione c’è un livello numerico e uno analogico.Nella comunicazione umana si hanno due possibilità di far riferimento agli oggetti: in modo analogico, attraverso una rappresentazione; in modo numerico, attraverso un’assegnazione simbolica. Come hanno osservato Bateson e Jackson, non c’è nulla di specificatamente simile ad un tavolo nella parola “tavolo”.Nella comunicazione analogica invece c’è qualcosa di specificatamente simile alla “cosa” rappresentata. Come possiamo facilmente riscontrare nell’esperienza, capire una lingua straniera ascoltandola alla radio risulta molto più difficile del capirla osservando un parlante: in quest’ultimo caso, possiamo inferire il significato delle parole attraverso l’uso sia del linguaggio dei segni che dei movimenti di intenzione che il parlante usa.Cos’è allora la comunicazione analogica? Praticamente è ogni comunicazione non verbale (intesa nel senso esteso proprio di Watzlawick, che quindi include posizioni del corpo, gesti, espressioni del viso, inflessioni della voce, sequenza e ritmo delle parole, il contesto in cui avviene la comunicazione).L’uomo è l’unico essere vivente ad usare sia il modulo analogico che quello numerico per comunicare con i suoi simili. Il linguaggio numerico serve a scambiare informazione sugli oggetti e a trasmettere la conoscenza nel tempo. Gli animali usano il modulo analogico per comunicare tra loro e con l’uomo, ma la natura della loro comunicazione, come dimostrato da Bateson, ha carattere relazionale e non assertivo: vale a dire che la comunicazione animale non è una comunicazione che fa asserzioni denotative sugli oggetti, ma è una comunicazione legata alla definizione della natura delle proprie relazioni con gli altri soggetti. Gli animali, quando parliamo loro, non capiscono il significato delle nostre frasi, ma al contrario capiscono benissimo la ricchezza analogica con cui comunichiamo loro queste frasi.Da queste considerazioni si ricava una importante nozione: ogni volta che la relazione è il problema dei comunicanti, il modulo numerico è privo di forza, ed in realtà risulta solo strumentale ad una lotta che ha come obiettivo ristabilire una regola, ovvero una definizione condivisa della relazione in crisi.Da sottolineare inoltre che, se in ogni comunicazione coesistono sia un aspetto di relazione che uno di contenuto, sembra logico aspettarsi che il modulo numerico sia quello più adatto a veicolare il contenuto, l’aspetto di notizia, mentre il modulo analogico sia quello più idoneo a veicolare la definizione della relazione, l’aspetto di comando della comunicazione. Questo a causa delle limitazioni fisiologiche incontrate dal modulo analogico nella comunicazione di concetti astratti, oppure nell’affrontare connettivi logici come la negazione, o l’esclusione, oppure ancora nella gestione della temporalità (mancando indicatori che consentano di distinguere tra presente, passato e futuro).L’uomo ha quindi la necessità di combinare i due moduli, compiendo continue traduzioni dall’uno all’altro: ecco che parlare sulla relazione è difficile, a causa dello sforzo di traduzione dal modulo analogico a quello numerico necessario a negoziare la relazione stessa (in sostanza, prima di parlare sulla relazione, è necessario che i parlanti portino per così dire in chiaro, e reciprocamente, i comportamenti dell’altro).Allora, gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.5. Le comunicazioni sono simmetriche o complementari.Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. Nel primo caso, un parlante tende a rispecchiare il comportamento dell’altro, creando un’interazione simmetrica. Nel secondo caso, il comportamento di un parlante completa quello dell’altro e costituisce un tipo diverso di Gestalt comportamentale, creando un’interazione complementare. In quest’ultimo caso, un partner assume una posizione primaria, detta one-up, superiore; mentre l’altro partner completa per così dire la configurazione assumendo una posizione one-down, ovvero inferiore. Non dobbiamo tuttavia attribuire pregiudizi di valore come “buono” e “cattivo” o “forte” e “debole” alla precedente distinzione: l’assunzione di una posizione o l’altra potrebbe essere determinata semplicemente da contesti culturali o sociali (es. madre/figlio, medico/paziente, insegnante/allievo).

1 commento:

Rosalba C. ha detto...

L'arte della comunicazione mi ha sempre affascinata.
Una componente fondamentale, la comunicazione, che accompagna la fatica dell'essere, rispetto alla comodità dell'apparire dietro la maschera che in tanti, con estremo dispendio di energie altrimenti utilizzabili, spesso tendono a costruire e mantenere.
Ho ritenuto di estrema importanza, sviluppare l'aspetto della pragmatica della comunicazione, riportando i tratti essenziali del lavoro svolto dalla scuola di Palo Alto.
Rosalba Castelli Matr.R10132